venerdì 15 giugno 2007

Topoletto, il figlio segreto di Topolino




Prima che Topolino fosse inventato da Walt Disney, era un personaggio secondario nella mente di un disegnatore secondario, era apparso in qualche striscia, ma per lo più si aggirava dietro le quinte e cercava il modo di tirare a campare.

In fondo era un bravo ragazzo che cercava di farsi strada aspettando la grande occasione che sarebbe arrivata qualche anno dopo, quando qualcuno lo mise su una nave a vapore insieme a un gatto scartato al casting per Tom & Jerry perchè handicappato; all’epoca i portatori di handicap in america non avevano trattamenti di favore, anzi erano derisi ed emarginati, oggi la situazione è radicalmente cambiata e siedono sulla poltrona presidenziale.

In quel periodo Topolino frequentava saltuariamente Topanga e a modo suo ne era innamorato e anche lei lo ricambiava. Se volete sapere come fosse, anzi com’è Topanga non dovete fare altro che immaginare l’esatto opposto di Minni: Topanga aveva il pelo chiaro, non sembrava essere stata ripassata con un ferro da stiro, anzi, soprattutto però parlava poche volte e quando lo faceva diceva chiaramente a Topolino quello che pensava e provava.

Quando Topolino gli disse che aveva trovato un nuovo lavoro, con un disegnatore in gamba che avrebbe partecipato ad un cartone animato e sarebbe finito al cinema, lei lo ascoltò guardando fuori dalla finestra. Topolino continuava a raccontarle del set e del disegnatore, che avrebbe cambiato vita e che era l’occasione che aspettava da tempo.

Ci sono delle immagini che rimangono dentro per tutta la vita, quando Topanga si alzò dalla sedia accanto al tavolo e andò in silenzio in camera sua, la cucina spoglia, il tavolo consumato, le sedie sbilenche e la luce azzurrina che dalla finestra illuminava il posto dove fino a pochi istanti prima era seduta si immobilizzarono nel cuore di Topolino. Un addio è un addio, diceva qualcuno, anche senza doverlo dire a parole.

Per alcuni anni Topolino lottò con questo ricordo, poi a poco a poco riuscì a rinchiuderlo in un posto segreto e nascosto. L’unica persona che continua a frequentare, che sa di Topanga è Pietro Gambadilegno e ogni volta che si ritrovano, Topolino ripensa al suo primo contratto con Walt e di cosa sarebbe potuto essere.

Alcuni anni fa Topolino fu contattato da un giovane topo, che si chiamava Topoletto, era suo figlio, figlio suo e di Topanga, quando ancora scopare non era qualcosa riservato al cartone giapponese o underground o forse era lui stesso underground e giapponese, con quegli occhi grandi, enormi che si ritrovava.

Topoletto si presentò con una cartellina piena di disegni per chiedere una mano, un indirizzo ad un genitore che nel campo era così famoso. Quello che ricevette fu solo una reazione fredda e distante, Topolino era impietrito e spaventato, suo figlio avrebbe potuto rovinare tutta la vita che si era costruito. Senza aggiungere altro chiuse la porta e lo allontanò.

Quella sera Topolino andò da Pippo e rimase con lui fino a tardi, chiacchierando con aria assente e cercando di ricordare come fosse ubriacarsi. Andò via quando vide che Pippo era ormai addormentato e che ricordare non sarebbe stato uguale a farlo davvero. Quando arrivò a casa, trovò sulla porta la cartellina dei disegni di Topoletto, mentre Pluto rosicchiava un osso enorme, eppure avrebbe dovuto sapere che accettare cibo dagli estranei non è prudente. Estranei, prudente.

Mentre cercava le chiavi aprì la cartellina e rimase immobilizzato dal disegno, cominciò a sfogliarli seduto sugli scalini davanti casa alla luce che proveniva dall’interno. Erano tantissimi disegni, alcuni erano copiati o ispirati alle sue avventure, c’era la nave a vapore, c’erano Pietro, Pippo, Paperino, Pluto, c’era il giornale, c’era il mago e la scopa, ma nemmeno una volta vide Minni. Erano tutti disegni molto belli, alcuni a colori, altri in bianco e nero, c’erano schizzi e bozzetti, c’erano storie intere o semplici vignette con il baloon vuoto, la mano che li aveva fatti era sempre la stessa anche se utilizzava stili diversi, imitava gli autori, Gottfredson, Murry, Scarpa, che avevano disegnato le sue avventure e lo faceva bene, senza essere stucchevole, ma aggiungendo sempre qualcosa di personale.

Dopo che ebbe finito di guardarli tutti tornò al primo, quello che lo aveva bloccato, un disegno di Topanga proprio come lui la ricordava. Quando un personaggio disegnato vede un disegno è come vedere qualcosa che ha la sua stessa consistenza. Quello che era nascosto allora tornò ad essere visibile e Topolino cominciò a tremare, Pluto vedendolo così gli si accucciò ai piedi e poggiò il muso sulle zampe.

Topolino allora prese le chiavi della macchina e cominciò a girare la città in cerca di suo figlio. Non aveva il coraggio di urlare il suo nome, andò alla stazione e all’aeroporto, visitò tutti i posti peggiori che conosceva, entrò a chiedere informazioni negli ultimi bar ancora aperti e nelle pensioni più scalcinate. Rimase in macchina tutta la notte vagando per la città. Intorno alle sei passò accanto ad un’edicola dove stavano consegnando il giornale. Accanto alla dichiarazione di guerra all’Iraq, c’era la notizia del ritrovamento di un giovane di un’altra città annegato nel fiume.

Da allora Topolino fa finta, fa finta di stare bene, fa finta di ridere, fa finta di esserci. Ora sa che non rivedrà mai più Topanga, che il perdono che tante volte avrebbe voluto chiederle ora non avrà mai più il coraggio nemmeno di sperarlo, non dopo quella notte.

I disegni ora sono in soffitta, l’altro giorno Tip e Tap, riordinandola con lo zio, li hanno trovati e gli hanno chiesto cosa fossero, ricordi ha risposto, ricordi di un’altra vita. Quando hanno visto il disegno di Topanga e hanno detto "Ma questa non è Zia Minni", allora ho cominciato a piangere e ho lasciato solo loro due a rimettere a posto.

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